martedì 8 maggio 2012

Macchine da cantiere nel Medioevo e nei secoli XV e XVI

Nella seconda parte delle macchine da cantiere si tratterà di due periodi storici molto rilevanti:
il Medioevo e gli inizi del Rinascimento. Come si vedrà in questo post, queste epoche sono interessate da importanti innovazioni.
Ricordo che ciò che segue è tratto da un articolo della Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza, scritta da Giangiacomo Martines.

Nel Medioevo



L’esperienza meccanica del Medioevo si sviluppò in un mondo dapprima contadino e sulla base di questa esperienza furono costruite le macchine dei cantieri edili.
I cantieri delle cattedrali furono il teatro più rappresentativo della tecnica edilizia e delle macchine. La complessità spaziale e strutturale, l’altezza delle cattedrali comportarono un’organizzazione importante del lavoro a piè d’opera e delle macchine in quota sull’edificio stesso in costruzione: le immagini di quei cantieri restano in illustrazioni coeve, di vetrate, mosaici, codici e in quelle immagini cogliamo immediatamente alcune differenze rispetto al cantiere antico. Le fasi di lavorazione della pietra fino alla scultura erano compiute a terra: i pezzi già finiti venivano collocati in opera; invece nei cantieri dell’antichità i blocchi erano scolpiti in opera, sia i bassorilievi che le scanalature delle colonne. I pezzi di pietra da montare erano più piccoli rispetto al cantiere antico, grandi meno di un singolo scalpellino.
Si può constatare questa differenza osservando due edifici rappresentativi delle rispettive età: la colonna Traiana a Roma, la facciata del duomo a Orvieto.

















 Nei cantieri delle cattedrali le macchine erano montate in alto sulla fabbrica stessa, in posizioni particolari, sopra torri, al centro di facciate, nei cantieri antichi di costruzioni a blocchi le macchine erano certamente a terra. I cantieri delle cattedrali erano mediamente più alti di quelli antichi e movimentavano pezzi più piccoli: nella fabbrica di Santa Maria del Fiore a Firenze, i blocchi di pietra del cerchio di chiusura della cupola pesano circa 750 Kg ognuno. 
La disposizione in alto di una gru comporta di conseguenza un risparmio nella lunghezza delle funi rispetto alla disposizione in basso e riduce il lavoro perduto rispetto al lavoro utile prodotto dalla macchina. Nei cantieri delle cattedrali vennero inoltre impiegate gru girevoli.





                    ANIMAZIONE VIDEO














Alcune illustrazioni



Ill.1



Jean Fouquet, intorno al 1476, illustrò un libro sulle antichità giudaiche per Jacques d’Armagnac Duca di Nemours e in una pagina dipinse la costruzione del tempio di Salomone come un cantiere gotico(ill.1).

Sulla sommità della fabbrica vi è una gru(ill. 2); vicino ad essa sono raffigurati quattro uomini: il primo di spalle manovra una fune pendente dall’alto, gli altri due in piedi hanno le mani protese verso il carico mentre due lunghi uncini avvicinano il carico sospeso e sembrano manovrati da dietro al gruppo dei quattro operai in primo piano; finalmente il quarto operaio in ginocchio tocca i blocchi con le mani. La struttura verticale della gru è complessa: nel baricentro appare un’antenna cilindrica sostenuta al piede da puntoni inclinati; ai lati di essa vi sono tre alberi complanari, di diametro minore, due verticali e uno inclinato verso il carico. Il tempio di Salomone illustrato da Jean Fouquet assomiglia al primo ordine della facciata della cattedrale di Reims e ancor di più alla facciata occidentale della chiesa di Saint- Wulfran ad Abbéville, costruita a partire dal 1488. Possiamo allora immaginare che quest’ultimo edificio gotico sia stata costruito con una gru simile a quella che Jean Fouquet dipinse intorno al 1476.

ill.2




I secoli XV e XVI


La stagione dei cantieri delle cattedrali europee culminò in Italia con la cupola di Santa Maria del Fiore. Le invenzioni di Filippo Brunelleschi vennero illustrate da altri tra cui Leonardo da Vinci. Tali illustrazioni in età contemporanea sono state tradotte in modelli funzionanti e in modelli virtuali. Quegli autori diedero vita alla trattatistica rinascimentale sulle macchine, che risulta fondata sulla lettura dei trattati antichi. Nell’intento di superare quei miti, la trattatistica arrivò a concepire “macchine impossibili”, “mentali” secondo la definizione di Daniela Lamberini: “I codici cinquecenteschi sono infatti ricchissimi di argani e gru di ogni tipo e stazza, indicati fin dai prototipi di Francesco di Giorgio, da cui in massima parte derivano, come macchine ‘da edifichare’. È però praticamente impossibile riconoscere tra questi congegni ingegnosi e complicati gli strumenti effettivamente in uso nei cantieri ordinari, soprattutto civili”.

Alcune Illustrazioni


  • L’illustrazione qui riprodotta è l’unica che rappresenta davanti all’ingresso del tempio una figura elegante nell’atto di osservare i lavori, il cantiere del tempio Malatestiano di Rimini. La gru che fu impiegata per il tempio Malatestiano è del tutto simile alla terza macchina da sollevamento di Vitruvio e alla gru di Erone: non vi è un rapporto di derivazione ma di semplice continuità, che durò fino all’inizio del nostro secolo. Nel Rinascimento questa macchina era detta “stella” o “falcone”.





  • Nella spalliera dipinta, conservata a The John and Mable Ringling Museum of Art di Sarasota, in Florida, è rappresentata una simile gru. Sul corpo di fabbrica a destra, nel mezzo della facciata c’è un falcone. L’antenna poggia su una base di legno, apparentemente un carrello con quattro piccole ruote piene. Sulla sommità è situato un trasverso di legno che sostiene il carico: questo elemento nelle antenne moderne veniva chiamato propriamente “falcone”. Il motore è una ruota, solidale all’antenna, toccata da due operai: uno sta in piedi sul terreno e l’altro sta salendo sulla ruota stessa assicurandosi all’antenna; evidentemente la ruota può essere mossa sia da terra a mano come una “lanterna” munita di pioli, sia dal calcante. A sinistra della ruota, per terra, è seduto un altro operaio che raccoglie la fune traente, evidentemente per non appesantire l’asse della ruota; un simile operaio è ritratto vicino all’argano nel cantiere del tempio Malatestiano.



  • Antonio da Sangallo il Giovane partecipò al cantiere di San Pietro dal 1507 fino al 1546, quando morì; all’inizio era assistente di Bramante nella qualità di Capo falegname. I suoi disegni comprendono macchine e carpenterie  impiegate durante quaranta anni di attività. Tra le macchine figurano anche ruote di mulino, tratte da impianti dello Stato pontificio oppure schizzi con nuove idee; i congegni di trasmissione sono eguali nei mulini e nelle macchine da sollevamento. Il disegno U 1504 A r104 del Gabinetto dei disegni e delle stampe degli Uffizi a Firenze mostra sulla sinistra una ruota di sollevamento azionata da calcanti; la didascalia autografa dice:




Rota larga palmi 9 lo votorano tre omeni aparo Alta palmi 40 La curba overo botte alto palmi 8”.

 Il diametro della ruota è circa 9.  La “botte” è il cilindro sul quale si avvolgono le funi; il suo diametro eguaglia l’altezza della figuretta che si vede nella ruota. Il disegno a destra ha la seguente spiegazione:

Questo bue camina sempre per uno verso e una cassa del peso va in su e laltra torna in giu! Ma quando uno dei pesi e salito in alto bisognia abasare la vite perche la rocha pigli gli denti della rota da basso e così quelli dal alto”.

Questa macchina è una variante di quella di Brunelleschi, che già comprendeva il congegno a vite per invertire il verso di rotazione della macchina senza invertire il giro del bue. Infine, il particolare in alto a destra reca la seguente spiegazione: “li denti della rota dentata sono rullitti”. Anche questa è una innovazione di Brunelleschi che fu analizzata da Leonardo da Vinci. Gustina Scaglia ha osservato che Antonio da Sangallo il Giovane preferì come motori ruote azionate da calcanti e argani azionati da cavalli.

Conclusione



Nella storia la ruota risulta la macchina semplice più potente. Nel mulino, nella noria, nella ruota calcatoria, sono impiegate ruote con congegni simili. A partire dal Medioevo, nella devozione cristiana, la similitudine di macchine con ruote, impiegate da artigiani diversi, promosse un’identità nel culto della medesima santa patrona: S. Caterina di Alessandria, 25 novembre.

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